L'Oriana (foto Francesca Fago) |
Lunedì 16 e martedì 17 febbraio, in prima serata su Rai1 andrà in onda la fiction L’Oriana con Vittoria Puccini nella parte di Oriana Fallaci nel film di Marco Turco, scritto da Stefano Rulli e Sandro Petraglia. Il racconto della vita di una grande protagonista del ventesimo secolo.
Ha attraversato buona parte del secolo scorso e, oltre a raccontarlo, ne è stata una grande protagonista: dalla partecipazione, giovanissima, alla resistenza partigiana, alla “dolce vita”, dal conflitto in Vietnam, nella veste di inviato, ai faccia a faccia con i grandi della Terra, da Henry Kissinger a Gheddafi, fino a Khomeini. Per finire con la definitiva consacrazione di grande scrittrice.
“L’Oriana” è il racconto di uno dei personaggi di spicco del nostro Paese e, al tempo stesso, la storia del ventesimo secolo percorsa e osservata da una testimone che quel secolo ha vissuto intensamente
Vittoria Puccini, fiorentina come la Fallaci, veste i panni della giornalista e scrittrice, prima donna in Italia reporter di guerra; Vinicio Marchioni, il grande amore della sua vita, Alekos Panagulis, leader della resistenza greca.
Nel cast Francesca Agostini, Adriano Chiaramida, Maurizio Lombardi, Gabriele Marconi. Con Stephane Freiss e con la partecipazione di Benedetta Buccellato. Una produzione Fandango Tv con Rai Fiction, prodotto da Domenico Procacci. La sceneggiatura è firmata da Stefano Rulli e Sandro Petraglia con Fidel Signorile e Marco Turco.
La Storia
La storia parte da uno dei suoi ultimi ritorni in Italia in cui Oriana decide di rimettere ordine tra i materiali giornalistici e fotografici stratificatisi per anni nell’antica casa di famiglia, in piena campagna toscana. Per farlo si rivolge all’università di Firenze, che le manda una aspirante giornalista, di nome Lisa, piena di buona volontà ma di nessuna competenza specifica, che accetta di fare il lavoro solo per avere la possibilità di conoscere quella che rappresenta per lei un vero mito. All’interno di questo confronto tra donne di due generazioni così lontane e di opposto temperamento, si snoda – tappa dopo tappa – il racconto e insieme la riflessione sull’essere giornalista di una delle più famose reporter del mondo. Poi, inizia il racconto della sua vita avventurosa: gli anni del fascismo, l’assunzione a L’Europeo, il più importante magazine italiano dell’epoca, il giro del mondo per scrivere di donne, la guerra in Vietnam.
Nell’agosto 1973 Oriana conosce Alekos Panagulis, simbolo della resistenza contro il regime dei Colonnelli in Grecia . Si incontrano il giorno in cui lui esce dal carcere: si innamorano, diventano inseparabili. Sono giorni d’amore, e poi di dolore. Oriana vive il dramma dell’aborto, che poi decide di raccontare attraverso un monologo che diventerà un grande successo editoriale: Lettera a un bambino mai nato.
Poi, di colpo, nel giro di pochi mesi, l’idillio si rompe. Alekos muore in un incidente stradale. La disperazione, il dolore, il pianto, si riversano nella scrittura di Un uomo. Tra le tante grandi interviste ai potenti della Terra, la più rocambolesca e incredibilmente avventurosa è quella a Khomeini. Nel corso di un confronto-scontro, Oriana trova il coraggio di una sfida impensabile: si toglie davanti al padre della rivoluzione islamica il chador che era stata costretta ad indossare. Poi, con una accelerazione tra le più clamorose della sua esistenza, decide di dire addio a quotidiani e settimanali e si ritira a New York a scrivere il racconto della sua vita e della sua famiglia. Dopo tante guerre, cerca la pace.
La tranquillità viene interrotta una mattina del 2001: l’11 settembre. E anche la vita privata di Oriana è sconvolta: ha da poco scoperto di avere un tumore ai polmoni. Lo chiama “L’Alieno”. La sua battaglia diventa quella per resistere al Male e, insieme, quella contro il terrorismo, l’estremismo, il fanatismo religioso. È tempo di tornare in pubblico al giornalismo d’assalto.
Ma è anche il tempo di una riflessione su quanto l’Oriana adulta, con il suo ‘fondamentalismo laico’, appaia in contrasto con la giovane ragazza fiorentina curiosa del mondo e aperta a confrontarsi anche con le culture più lontane da lei.
Note di regia
«La Fallaci ha impiegato una vita intera per vivere la sua vita, tu come fai a raccontarla in tre ore?” Questo mi ha domandato mio figlio di otto anni quando ha saputo che mi accingevo a realizzare un film su Oriana Fallaci. È una questione che ci si pone ogni volta che si racconta la biografia di un grande personaggio, ma mai come in questo caso la domanda era più che pertinente. Raccontare la vita di Oriana Fallaci è raccontare la storia del ventesimo secolo, percorsa e osservata da una giornalista e scrittrice che quel secolo ha vissuto da protagonista.
Il primo grande lavoro è stato quindi la selezione e la sintesi. Lavoro cominciato in sceneggiatura e proseguito con le riprese e il montaggio. Scegliere i momenti più significativi dell’ esistenza di una donna che già all’età di diciassette anni rischiava la vita sotto i nazisti, e a più di settanta ancora guerreggiava con la sua macchina da scrivere, polemizzando con il mondo intero.
Scegliere da una parte, dentro un secolo di storia, tra grandi personaggi e semplici soldati, e dall’altra, dentro la sua vita ricca di avventure, scontri, amori, rinunce e conquiste. Riuscire, attraverso questa scelta a riportare sullo schermo, non solo il suo ruolo storico di reporter di guerra, di grande giornalista e di scrittrice, ma quello di donna che si è fatta strada in un mondo di uomini, femminista ante litteram, ma capace di travolgere e farsi travolgere dai suoi grandi amori. Una donna dal carattere difficile, che amava provocare, che non aveva paura del conflitto e soprattutto che portava avanti le sue idee anche quando queste contrastavano con l’opinione del resto del mondo.
Una donna amata e odiata con egual passione.
Chi era in grado di interpretare un personaggio di tale complessità? Dopo molti provini, la scelta è caduta (ancora una volta per quanto mi riguarda) su Vittoria Puccini. Fiorentina come l’Oriana, Vittoria, con un grande lavoro da “attrice-interprete”, è riuscita a restituire quel carattere scontroso, burbero, sincero fino all’eccesso, ma anche la sua fragilità nell’amore, la generosità tenuta rigorosamente nascosta, il bisogno di una maternità mancata, la solitudine di una donna contro.
Un’impresa ambiziosa anche dal punto di vista produttivo, perché Oriana ha girato il mondo intero, passando da una guerra all’altra, da un continente all’altro. Con il produttore Domenico Procacci, ci siamo detti fin dall’inizio che lo sforzo più grande dovevamo concentrarlo nel restituire il carattere internazionale di questa storia e quindi nel cercare di raccontarla nelle location reali, con attori e figurazioni di quei paesi. E sono orgoglioso di poter dire che siamo stati la prima troupe occidentale a girare un film sulla guerra del Vietnam, proprio in quel paese.
Un elemento importante per la ricostruzione storica del film è stato l’utilizzo dei materiali di repertorio. Spesso usati in quanto tali, ma a volte utilizzati anche come se fossero le inquadrature mancanti delle scene da noi girate.
Questo ci ha spinto ad essere spregiudicati anche nell’utilizzo dei diversi strumenti di ripresa, dalla telecamera digitale, alle macchine fotografiche utilizzate come macchine da presa, fino addirittura all’utilizzo dell’IPhone per alcune inquadrature. Spregiudicati quindi anche nel montaggio, dove questi diversi supporti sono stati amalgamati in un unico flusso. E non solo, se si pensa che di molte scene alcuni campi sono stati girati in Grecia, piuttosto che in Tunisia ed i loro controcampi sono stati girati in Italia.
Un grande collage, un affresco dove anche il più piccolo dettaglio di scenografia e di costume diventa determinante a raccontare il mondo, la storia, gli uomini.
Un film è un’opera collettiva e viene bene quando tutti i suoi creatori lavorano con passione ed energia. Posso dire che tutti quelli che hanno fatto questo film hanno lavorato con la stessa energia e la stessa passione con cui l’Oriana scriveva i suoi articoli e i suoi libri. Speriamo che questo sia di buon auspicio!»
Marco Turco
Trama
Prima Puntata
In uno dei suoi ultimi ritorni in Italia, Oriana decide di rimettere ordine tra i materiali giornalistici e fotografici stratificatisi per anni nell’antica casa di famiglia, in piena campagna toscana. Per farlo si rivolge all’università di Firenze, che le manda una aspirante giornalista, di nome Lisa, piena di buona volontà ma di nessuna competenza specifica, che accetta di fare il lavoro solo per avere la possibilità di conoscere quella che rappresenta per lei un vero mito. Nasce tra le due donne un rapporto complesso, fatto di curiosità e di stima, di rotture e momenti solidali, di distanza ideale ma anche di vicinanza umana, dove la battaglia con la morte di Oriana si intreccia con quella per la vita di Lisa, decisa a coniugare ciò che l’altra ritiene inconciliabile: la propria passione per il giornalismo in prima linea con il desiderio di essere donna e madre. All’interno di questo confronto tra donne di due generazioni così lontane e di opposto temperamento, si snoda – tappa dopo tappa – il racconto e insieme la riflessione sull’essere giornalista di una delle più famose reporter del mondo.
La sua vita avventurosa inizia negli anni del fascismo. Ragazzina, vive i giorni della lotta come staffetta partigiana. L’esperienza della guerra e il rapporto intenso con il padre, uno dei capi della resistenza fiorentina, finisce per segnare in modo decisivo la sua capacità di guardare al futuro. Oriana a 16 anni diventa così cronista di nera, fa il giro dei commissariati e degli ospedali in bicicletta, fino a notte. Il giorno in cui compie venti anni manda un pezzo a L’Europeo, il più importante magazine italiano dell’epoca, e il suo sogno si avvera: l’articolo esce in prima pagina e qualche tempo dopo viene assunta. Assieme a un grande fotografo, Duilio Pallottelli, Oriana fa il giro del mondo, per scrivere di donne. A Karachi, s’imbatte in albergo nel matrimonio di una sposa-bambina. Un incontro emozionante, perché dialogare con quella piccola creatura non ancora donna e le figure femminili che l’attorniano porterà la giornalista a scoprire un pianeta sconosciuto, fatto di riti, paure e sogni, diversi da quelli dell’occidente. Ma attraverso figure così lontane da lei, Oriana riflette anche su di sé. La sua fortuna – dice – è essere nata italiana, povera, e donna: perché essere donna è ‘un’avventura che richiede molto coraggio, una sfida che non finisce mai. Devi combattere di più, vedere di più, pensare di più.
Il tema della guerra torna con forza ad attirare Oriana negli anni della guerra in Vietnam. Racconta per le pagine de L’Europeo ciò che vede, senza schierarsi né coi Vietcong né con gli americani, né con i Sudvietnamiti. Scopre le menzogne e le atrocità, ma anche gli eroismi e l’umanità di quella “follia” fatta di sangue, dolore, morte. E l’amore. Quello di un giornalista fuori dal coro come lei: Francois Pelou.
A metà del ‘68 lascia il Vietnam, e il 2 ottobre, durante una manifestazione di protesta a Città del Messico, Oriana rimane ferita: è un massacro organizzato, la polizia spara sulla folla, muoiono centinaia di giovani, e lei – creduta morta – viene scaricata all’obitorio. Per fortuna un prete sente che respira.
Seconda Puntata
La morte vista da vicino e gli amori quasi mai a lieto fine, non portano però Oriana a cercare lidi più sicuri. Nell’agosto 1973 Oriana conosce Alekos Panagulis, leader della resistenza greca. Si incontrano il giorno in cui lui esce dal carcere: si innamorano, diventano inseparabili. Alekos è come lei: libero, senza dogmi, senza partito, con la stessa sete di verità. Sono giorni d’amore, e poi di dolore. Oriana vive il dramma dell’aborto, che poi decide di raccontare attraverso un monologo che diventerà un grande successo editoriale: Lettera a un bambino mai nato. È l’unico periodo della sua esistenza in cui si divide tra vita pubblica e vita privata. Poi, di colpo, nel giro di pochi mesi, l’idillio si rompe. Alekos muore in un incidente stradale “provocato”. La disperazione, il dolore, il pianto, si riversano nella scrittura di Un uomo: non è giornalismo, parla di loro due, d’amore, di lotta, del trovarsi, del perdersi.
Oriana è spezzata dentro, è stanca. Ma ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. E lei conosce solo un modo, una sola strada, per non sottrarsi: ricominciare ad andare, in un mondo che ai suoi occhi assomiglia sempre più a un inferno.
Tra le tante grandi interviste ai potenti della Terra, la più rocambolesca e incredibilmente avventurosa è quella a Khomeini. Nel corso di un confronto-scontro, Oriana trova il coraggio di una sfida impensabile: si toglie davanti al padre della rivoluzione islamica il chador che era stata costretta ad indossare.
Un confronto a muso duro con il Potere. Forse l’ultimo, perché il suo giornalismo d’assalto sembra non trovare più spazio nel nuovo che avanza.
Così, con uno degli scarti più clamorosi della sua esistenza, decide di dire addio a quotidiani e settimanali e si ritira a New York a scrivere il racconto della sua vita e della sua famiglia. Dopo tante guerre, cerca la pace. Ma si illude. La tranquillità viene interrotta una mattina del 2001: è l’11 settembre, le torri vengono giù “in diretta”, il mondo cambia, non sarà mai più quello di prima. E anche la vita privata di Oriana è sconvolta: ha da poco scoperto di avere un tumore ai polmoni. Lo chiama “L’Alieno”. La sua battaglia diventa quella per resistere al Male, e – insieme – quella contro il terrorismo, l’estremismo, il fanatismo religioso. È tempo di tornare in pubblico al giornalismo d’assalto. Ma è anche il tempo di una riflessione su quanto l’Oriana adulta, con il suo “fondamentalismo laico”, appaia in contrasto con la giovane ragazza fiorentina curiosa del mondo e aperta a confrontarsi anche con le culture più lontane da lei.
Quando la fine appare ormai vicina, Oriana decide di abbandonare l’esilio americano e di tornare a casa, in Italia. Per rivedere per l’ultima volta la sua Firenze. Ed è lì che rincontra Lisa. La ragazza, che sta per diventare una giovane madre, è per lei specchio di un nuovo modo di essere donna e giornalista. E il rimpianto di quello che poteva essere la sua esistenza e non è stata, si coniuga con la consapevolezza che proprio quel suo approccio, burrascoso e passionale, con la scrittura e il mondo, ha aperto la strada a tante altre donne che verranno dopo di lei.
Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – 15 settembre 2006)
Oriana Fallaci nasce a Firenze il 29 giugno 1929. Prima di quattro figlie, trascorre l’infanzia nel capoluogo toscano e durante la Seconda guerra mondiale partecipa giovanissima alla Resistenza partigiana, sviluppando quell’autodisciplina e quel senso del dovere che la accompagneranno per tutta la vita. Nel 1946, a soli diciassette anni, inizia a collaborare con “Il Mattino dell’Italia Centrale”, quotidiano fiorentino su cui pubblica il suo primo articolo. Nel 1954 viene assunta all’“Europeo”, si trasferisce a Roma e racconta la “dolce vita” della capitale: i suoi incontri con i divi italiani e stranieri – da Mastroianni a Fellini a Ingrid Bergman – fanno clamore, e nel 1955 Oriana Fallaci viene mandata negli Stati Uniti per conoscere, e smascherare, i personaggi di spicco della politica e dello spettacolo.
Da questa esperienza nasce il suo primo libro, I sette peccati di Hollywood, pubblicato nel 1958. Gli anni Sessanta segnano un momento decisivo nel suo percorso professionale e umano: dopo aver seguito l’avventura spaziale statunitense, nel 1967 Oriana parte per seguire il conflitto del Vietnam, e due anni dopo pubblica Niente e così sia, un diario di guerra intensissimo che ottiene un successo clamoroso. Negli anni successivi la Fallaci è testimone dei principali eventi del pianeta e si trova faccia a faccia con i grandi della Terra, da Henry Kissinger a Gheddafi, fino a Khomeini (le interviste, memorabili, sono raccolte in Intervista con la storia, pubblicato nel 1974).
Negli anni Settanta Oriana Fallaci è un mito e i suoi articoli sono richiesti dalle più importanti testate mondiali. Sono questi gli anni dell’amore tormentato con Alekos Panagulis – tra i protagonisti della resistenza greca alla dittatura dei Colonnelli – e dei due libri che danno a Oriana la definitiva consacrazione di grande scrittrice: Lettera a un bambino mai nato e Un uomo, tradotti e pubblicati in tutto il mondo.
Negli anni Ottanta e Novanta la Fallaci si trasferisce in modo quasi permanente a New York, scrive il romanzo InshAllah sulla guerra del Libano del 1983 e inizia a lavorare al grande romanzo dedicato alla saga della sua famiglia, pubblicato postumo col titolo Un cappello pieno di ciliege.
Nel 2001, dopo anni di silenzio, la scrittrice torna alla ribalta sulla scena italiana e internazionale: in seguito al crollo delle Torri Gemelle, Oriana scrive un lungo articolo intitolato La Rabbia e l’Orgoglio – poi rielaborato nell’omonimo libro – in cui attacca il terrorismo islamico e riflette sul rapporto tra Occidente e Islam: accolto con enorme clamore, il suo intervento si trasforma immediatamente in un caso mondiale e diventa il fulcro del dibattito internazionale sugli eventi successivi all’11 settembre. Negli anni seguenti, con diversi scritti e i due libri La Forza della Ragione e Oriana Fallaci intervista se stessa, la scrittrice suscita dibattiti infuocati.
Nel 2006 le sue condizioni di salute si aggravano: torna a Firenze, dove muore il 15 settembre, all’età di settantasette anni. Sulla sua lapide, soltanto tre parole: “Oriana Fallaci. Scrittore”.
Interpreti e personaggi
Vittoria Puccini (Oriana Fallaci), Vinicio Marchioni (Alekos Panagulis), Francesca Agostini (Lisa), Adriano Chiaramida (Padre Oriana), Maurizio Lombardi (Il Moro), Gabriele Marconi (Palotelli), Stephane Freiss (Francois Pelou), Benedetta Buccellato (Madre Oriana).
Foto di Francesca Fago
L’Oriana. Regia Marco Turco. Sceneggiatura Stefano Rulli e Sandro Petraglia, in collaborazione con Fidel Signorile e Marco Turco. Direttore della Fotografia Roberto Forza. Montaggio Simona Paggi. Scenografia Paola Comencini. Costumi Lia Francesca Morandini. Musica Teho Teardo. Casting Jorgelina Depetris. Organizzatore Ivan Fiorini. Supervisore alla Produzione Valeria Licurgo. Produttore Delegato Laura Paolucci. Produttori Rai Monica Paolini, Sara Polese. Realizzato con il sostegno della Regione Lazio Fondo Regionale per il cinema e l’audiovisivo. Prodotto da Domenico Procacci. Una Produzione Fandango Tv. In collaborazione con Rai Fiction.
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