Domenica 27 maggio alle 21.30 e lunedì 28 maggio alle 21.10 su Rai 1 andrà in onda la miniserie in due puntate “L’Olimpiade nascosta”, in cui viene raccontata la storia di alcuni campi di prigionia nazisti dove si svolsero clandestinamente Giochi Olimpici da parte di detenuti di diverse nazionalità che, a rischio della loro vita, scelsero di tenere alta la bandiera dello sport e della civiltà, sfidando la barbarie.
Le vicende narrate nella miniserie sono di pura invenzione ma vogliono onorare quei fatti e quegli uomini che ne furono protagonisti, ricordando il loro coraggio e il loro senso sportivo.
La storia si svolge nei capi di detenzione militare di Langwasser e Woldenberg, ai confini di Germania e Polonia, dove vennero rinchiusi dai nazisti tedeschi prigionieri di guerra di diverse nazioni europee. In quei luoghi dalla triste fama per la durezza delle condizioni in cui si trovavano i detenuti si svolsero, nel 1940 e nel 1944, edizioni clandestine di competizioni olimpiche: per l’esattezza la la XII e la XIII Olimpiade, che negli annali ufficiali risultano come non disputate a causa della guerra.
Un gruppo di detenuti in un campo di prigionia polacco progettò dei Giochi simbolici per rappropriarsi di quella dignità ogni giorno calpestata dai nazisti. Dopo essere stati scoperti dai loro aguzzini, accettarono quella sfida impossibile posta dai tedeschi che erano davvero intenzionati a disputare le Olimpiadi, per dimostrare definitivamente la loro superiorità su di loro.
A sorpresa i prigionieri accettarono, non perché credevano di poterli battere, viste le loro condizioni di denutrizione e la loro debilitazione. ma perché grazie all’aiuto della Resistenza, avevano la possibilità di distrarre i tedeschi con le gare e così salvare la vita di innocenti donne e bambini rinchiusi in un campo di transito adiacente.
La location in cui si sono svolte le riprese è l’antica fortezza a forma di stella, nei dintorni di Praga, edificata nel 1780 dall’imperatore d’Austria Giuseppe II e trasformata dai nazisti in campo di concentramento e di transito verso i luoghi di stermini.
Olimpiadi dimenticate a cui il CIO non ha mai dato pieno riconoscimento ma di cui si trovano le commoventi tracce nel Museo dello Sport di Varsavia dove e possibile visitare la speciale sezione dedicata alle Olimpiadi dimenticate, descritte così da Flavio Vanetti il 23 marzo del 2007, sul Corriere della Sera:
“Visitare il museo significa imbattersi nella bandiera del '40, ormai smunta, ricavata da uno straccio e con i cerchi dipinti ad acquerello; nelle coppe ricavate dalle gavette; nelle medaglie di cartone; negli annulli postali realizzati in maniera fortunosa; nel gagliardetto circondato da filo spinato, che rappresentò il premio per un vincitore. E poi, vuol dire rivivere gli episodi. Infiniti. Commoventi. Erano vietate prove come il salto con l'asta, per timore di fughe; erano cassati gli sport di estrazione militare, come la scherma: si temevano sommosse. Ci furono persone che si misero a disposizione, come un parroco norvegese che procurava palloni e attrezzi per le gare e che dopo la guerra si incaricò di pubblicare le varie tesi di laurea redatte dagli internati, e veri e propri eroi, come Teodor Niewiadomski, morto negli anni 90, la mente dei Giochi 1940. Fece di necessità virtù: si inventò gli inni nazionali suonati di nascosto con un'armonica; introdusse il getto della pietra, non essendo disponibile un peso regolare; fece della corsa della rana, inflitta per punizione agli indisciplinati, una competizione in piena regola; mascherò con la biancheria stesa il campo di pallavolo”
La vicenda narrata nella fiction “l’Olimpiade nascosta” viene proposta al pubblico di Rai 1, prendendo spunto da questi fatti dimenticati, anche in vista della prossima edizione delle Olimpiadi di Londra 2012.
Prodotta dalla Casanova Multimedia di Luca Barbareschi, vede protagonisti Cristiana Capotondi, Alessandro Roja, Gary Lewis, Andrea Bosca e Johannes Brandrup.
Trama della prima puntata in onda domenica 27 maggio alle 21.30:
Primavera 1944. La regione al confine fra Polonia e Germania. Il conflitto ha subito un graduale capovolgimento di fronte, e la forza militare tedesca, che sembrava invincibile, sta subendo rovesci drammatici. Un camion militare nazista attraversa strade sconnesse e bombardate. A bordo, fra gli altri, due prigionieri italiani: Mario e Vittorio. Mario è un concentrato dei difetti italiani: opportunista, individualista, spaccone. Vittorio è un giovane strappato agli studi: timido, intellettuale, schivo.
Tutti e due sono diretti ad un campo di prigionia tedesco.
Nello stesso momento, un altro camion porta un carico di ebrei. Una madre disperata approfitta di un rallentamento per far cadere, in strada, il suo bambino di sei anni, Joel: lo affida alla sorte per sottrarlo a morte sicura.
Mario e Vittorio si rendono presto conto che la situazione al campo è insostenibile. Il comandante, il maggiore Weber, è un uomo crudele e sommario nelle punizioni. Nell’ora del declino del Reich, continua a credere ottusamente al futuro trionfo del nazismo e sfoga le sue frustrazioni sui prigionieri, umiliandoli e sfinendoli con l’intento di ridurli a mere cose, privandoli della loro dignità e umanità.
Nel campo fra i prigionieri regna quindi l’anarchia, la legge del più forte, abbrutiti, tutti sono nemici fra loro. L’unico che si distingue è Alex, un ufficiale inglese che lotta con tutte le sue forze per mantenere la sua dignità di uomo e che guarda con dolore all’abbrutimento dei compagni di prigionia.
Durante un’estenuante giornata lavorativa all’esterno del campo, Mario trova per caso un bambino apparentemente abbandonato. E’ il piccolo Joel, rifugiatosi lì dentro. E’ chiaramente denutrito e semiassiderato, e Mario non può far altro che bussare alla casa più vicina. Gli apre una ragazza polacca, Kasia. E’ sospettosa, diffidente, spaventata. Ma davanti al piccolo abbandonato, e alle insistenze di Mario, prende il piccolo ebreo in casa con sé.
Desideroso unicamente di salvarsi la pelle anche se il prezzo è far buon viso con i tedeschi, Mario senza rendersi conto comincia piano piano ad interessarsi alla sorte di quel bambino sconosciuto e della donna a cui l’ha affidato.
Alex, che l’osserva da tempo, comincia a notare fra le pieghe dell’egoismo di Mario la nascita di sprazzi di generosità che lo spiazzano e contemporaneamente lo avvicinano a lui.
Ed è proprio Alex ad avere l’idea che cambierà i destini di tutti loro: in un mondo libero, in quel mondo che i tedeschi stanno tentando di fargli dimenticare, dice, nell’estate del 1944 si celebrerebbero le Olimpiadi. Da ex atleta, propone agli altri prigionieri di disputare, di nascosto dai tedeschi, i giochi olimpici. E’ il modo, dice, di cercare di recuperare dignità e integrità umane.
I reclusi discutono fra loro. L’idea è pericolosa, ma affascinante, e piano piano si fa strada…
Intanto Mario si trova sempre più coinvolto nei confronti di Kasia e di Joel. Quella donna e quel bambino gli entrano nel cuore tanto che senza rendersi conto comincia a pensare a loro come alla propria famiglia e a rischiare sempre di più pur di vederli anche solo un attimo, pur di stringerli a sé.
Mentre nel campo i preparativi per le Olimpiadi segrete procedono a costo di grandi sacrifici ed enormi rischi, fra i prigionieri qualcosa comincia a cambiare ed una forza nuova sembra impadronirsi di loro…
Ma un tentativo di fuga getta il campo nel terrore: per ogni prigioniero che fugge ne verranno fucilati dieci e fra i condannati c’è anche Mario. Kasia assiste sgomenta all’esecuzione e fugge disperata credendo Mario morto. Quello che la ragazza non sa è che Weber ha inscenato, sadicamente, una finta esecuzione, salvo poi sparare personalmente alla tempia del prigioniero che aveva tentato la fuga.
Nel campo, l’ennesimo episodio, scatena la rabbia di tutti. In molti discutono se di fronte ad una crudeltà simile abbia ancora senso spendersi per disputare le Olimpiadi ma alla fine ognuno sente che non è disposto a rinunciare a quella scintilla di ritrovata dignità che ha sentito nascere dentro di sé nella prospettiva di gareggiare da uomini. Le Olimpiadi dunque si faranno.
Mario rischia il tutto per tutto per andare da Kasia, sapendo che lei lo crede morto ed arriva giusto in tempo per difenderla dall’aggressione del suo ex fidanzato che, appena tornato dal fronte, non accetta che lei lo rifiuti.
Mario Vede Eric su di lei e lo aggredisce. Combattono, ed è solo con l’aiuto di Kasia che Mario ha la meglio, e riesce ad uccidere Eric. Lui e Kasia, ancora sconvolti dall’accaduto, seppelliscono il corpo di Eric in giardino.
Il giorno dopo è quello dell’inizio delle Olimpiadi. Con commovente solennità si dà inizio ai Giochi. Contemporaneamente, delle SS entrano in casa di Kasia. Cercano proprio Eric, che non si è presentato in caserma. Hanno i cani, che si mettono ad annusare, fino ad arrivare in giardino.
Scavano.
Intanto, al campo, le guardie si sono accorte che qualcosa non va ed arrivano a scoprire i prigionieri…
Da Kasia, intanto, i cani smettono di scavare: hanno trovato qualcosa. Ma è soltanto un falso allarme. Kasia tira un sospiro di sollievo, ma la voce di una SS la fa voltare: il tedesco ha con sé Joel e chiede a Kasia chi sia e da dove venga quel bambino…
Trama della seconda puntata in onda lunedì 28 maggio alle 21.10:
In un silenzio gravido di paura gli atleti vengono pestati a sangue.
Intanto Kasia è al comando della Gestapo con l’accusa di aver protetto un ebreo. La interrogano fino allo sfinimento, chiedendole conto anche della sparizione del suo ex fidanzato. Ma lei tiene duro, vuole restare in vita e libera per ritrovare Joel, che le è stato sottratto. L’uomo che la interroga è disposto a lasciarla andare se lei cede alle sue avances: nessun prezzo è ormai troppo alto pur di ritrovare Joel e Kasia, nonostante l’orrore, cede.
Ma poi l’uomo non mantiene la promessa: libera lei, ma non Joel che così resta nelle mani dei tedeschi. Kasia torna a casa scioccata, piena di sensi di colpa. E con un pensiero fisso: ritrovare il bambino.
Kasia scopre che Joel è internato in un campo di transito, attiguo allo Stalag di Mario. Un ex stadio trasformato in campo di concentramento, dove i tedeschi ammassano antinazisti, ebrei e zingari prima di portarli a morire nei campi di sterminio. Sapendo la fine a cui è destinato il bambino, Kasia esce quasi di senno. E prende la terribile decisione di consegnarsi di nuovo alla Gestapo. Vuole raggiungere Joel, stare con lui. Non può abbandonarlo. Ormai è suo figlio. In un ultimo, drammatico incontro Kasia informa Mario di quanto è in procinto di fare. Lui non riesce a fermarla. E’ disperato. Dopo Joel, perderà anche quella che ormai è la donna della sua vita.
Intanto, nello Stalag, Weber ha maturato un’idea a suo dire grandiosa: lasciare che i prigionieri disputino le gare che hanno preparato. Ma non di nascosto e, soprattutto, con la partecipazione della squadra tedesca. Quelle gare dovutamente propagandate, e naturalmente vinte dalla Germania, passerebbero alla storia come le XIII Olimpiadi, quelle che il CIO ha annullato per via della guerra. Sarebbero un dono per il Fuhrer, alzerebbero il morale alle truppe e per Weber rappresenterebbero una rivincita contro quelli che nel Reich gli hanno troncato la carriera. Sa già dove farle svolgere: nel vecchio stadio accanto allo Stalag che temporaneamente è stato adibito a campo di transito…La proposta, fatta ai prigionieri, viene discussa animatamente dal consiglio dei rappresentanti. C’è chi ne vede soprattutto i vantaggi: si avrebbe la possibilità di mangiare di più e di lavorare di meno. Ma i più sono contrari, argomentano che non si può gareggiare con chi li affama, li maltratta e calpesta ogni giorno la loro dignità.
Intanto Mario disperato per aver perso Kasia e Joel, viene contattato dai membri della Resistenza i quali suggeriscono che le Olimpiadi possano essere usate per distrarre i tedeschi e far fuggire le donne e i bambini prigionieri al campo di transito.
Mario si precipita ad informare Alex della proposta e l’inglese è immediatamente favorevole. Salveranno vite umane, sarà la loro battaglia contro i tedeschi, il loro contributo ad accelerare la fine del Reich. I suoi argomenti sono forti, la bilancia propende rapidamente per il sì. Solo uno, alla fine, esprime il pensiero di tutti. E cioè che è terribile, dopo tutto quello che hanno passato, fare le loro olimpiadi per veder vincere i tedeschi.
Ma Alex ribatte: nelle condizioni in cui sono, basterà che uno solo di loro vinca una gara perché tutti vincano le Olimpiadi. Weber pretende solo una cosa: che la quinta e ultima gara sia un incontro di pugilato. E annuncia che lui stesso salirà sul ring.
Si forma una specie di comitato olimpico con a capo Alex. Si scelgono gli atleti in base alle discipline. Anche Mario vuole partecipare. Gareggerà nella corsa. Cominciano gli allenamenti. Gli atleti ce la mettono tutta per battersi almeno alla pari coi tedeschi. Lentamente cominciano a comportarsi come se facessero parte di un’unica squadra sovranazionale. Una sorta di resto del mondo contro la Germania.
Ma una brutta notte tutto precipita. I guardiani irrompono nelle baracche gridando che è scappato un uomo. Partono le ricerche, ma sono inutili. E allora il terrore cala sulla Stalag. Perché la regola di Weber è chiara: per ogni uomo fuggito ne verranno fucilati dieci. Viene fatta la decimazione. Ma ecco che si fa avanti Alex e chiede di prendere il posto di un giovane uomo che ha appena avuto un figlio. Lo scambio viene accettato e Alex muore da eroe. Ma prima lascia il testimone del comando a Mario. Sa che può farcela. In lui fin dall’inizio ha visto qualcosa di più delle apparenze. Il giorno delle Olimpiadi Weber siede tronfio nel palco d’onore insieme al ministro dello sport. Le tribune sono gremite, e c’è anche un settore destinato ai prigionieri. I nostri sanno di avere poche chance: la squadra tedesca, compatta e organizzata, mette timore solo a guardarla. Ma si impegneranno allo spasimo per portare a casa qualcosa. Consapevoli che dietro le baracche si sta giocando un’altra partita. Ben più vitale. Una dopo l’altra si dipanano le gare. Straordinariamente, e attuando un accorto gioco di squadra, i nostri riescono a vincerne due su quattro. Weber schiuma rabbia: non pensava sarebbe andata in questo modo, non è questo che ha promesso al ministro. Ma ora tocca a lui, e deve vincere assolutamente. Mentre si appronta l’ultima gara, superando lo sbarramento dei guardiani, Mario riesce a raggiungere l’altra parte del campo per dare un ultimo saluto a Kasia e Joel. Parecchi reclusi sono già fuori del campo, ma uno dei camion predisposti per la fuga è in ritardo. I partigiani hanno bisogno di altro tempo, chiedono di fare in modo che l’ultima gara duri il più a lungo possibile.
Mario si rende conto che ha la possibilità di scappare anche lui. Ma se lo facesse, dieci dei suoi compagni morirebbero. E così rinuncia. Torna dai suoi compagni, per scoprire che un guardiano ha rotto due dita al pugile russo. Un ignobile espediente di Weber per essere sicuro di vincere.
La situazione è critica, conciato in quel modo il russo non potrà resistere molto. Mario sa che è in ballo la salvezza di Kasia e non si tira indietro. Sarà lui a salire sul ring. A combattere con Weber. E che Dio gliela mandi buona.
Comincia l’incontro, un round dopo l’altro. Il tedesco pesta come un maglio, Mario è una maschera di sangue, traballa, va al tappeto, ma ogni volta si rialza. E’ un osso duro e Weber comincia a preoccuparsi, vuole una vittoria eclatante, per KO. E così, in un corpo a corpo, sibila all’orecchio di Mario una minaccia: deve gettare la spugna, o il prezzo sarà la sua vita. Mario oscilla, si appoggia alle corde, gli occhi gli roteano, le gambe si piegano. Poi, liberatorio, arriva il gong. E finalmente arriva quel benedetto segnale della Resistenza. E’ fatta, i prigionieri sono scappati, Kasia e Joel sono liberi. Mario può gettare la spugna. E in effetti sta per farlo. Ma poi si guarda intorno, vede i suoi compagni infervorati, sente le loro voci che lo incitano, che tifano per lui. Mario sospira. Sa che il prezzo della sua vittoria sarebbe molto alto ma sa anche che vincere quella gara vuol dire riaffermare la dignità di ogni essere umano contro la barbarie nazista.
E allora, al gong, raccoglie le sue ultime energie. Va in mezzo al ring. E vince.
Interpreti e personaggi: Cristiana Capotondi (Kasia), Alessandro Roja (Mario), Gary Lewis (Alex), Andrea Bosca (Vittorio), Johannes Brandrup (Lang).
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“L’Olimpiade nascosta” Prodotto da Luca Barbareschi. Produttore creativo Saverio D’Ercole. Produttore esecutivo Claudio Gaeta. Produttore Rai Francesca Loiero, Paola Pannicelli. Regia Alfredo Peyretti. Aiuto regista Federico Marsicano, Gabriele Manzoni, Míša Seidlova. Soggetto Maura Nuccetelli, Fabrizio Bettelli, Francesco Miccichè. Sceneggiatura Fabrizio Bettelli, Maura Nuccetelli con la collaborazione di Francesco Miccichè. Da un’idea di Francesco Miccichè. Fotografia Stefano Ricciotti. Scenografia Nello Giorgetti. Fonico di presa diretta Tomáš Belohradsky. Costumi Enrica Barbano. Casting Loredana Scaramella, Stefano Oddi. Montaggio Osvaldo Bargero. Musiche Paolo Vivaldi. Organizzatore generale Antonio Schiano. Promozione stampa Antonio Naselli.
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