domenica 23 febbraio 2014

Non è mai troppo tardi, Claudio Santamaria racconta la storia di Alberto Manzi

non-è-mai-troppo-tardi-1

Lunedì 24 e martedì 25 febbraio 2014 alle 21.10 su Rai 1 andrà in onda la miniserie in due puntate Non è mai troppo tardi, con protagonista Claudio Santamaria - nella parte di Alberto Manzi - che farà rivivere la straordinaria avventura del maestro più amato e popolare d’Italia che, negli anni Sessanta grazie alle sue rivoluzionarie lezioni trasmesse
in tv dalla Rai, riesce a compiere un vero e proprio miracolo. In otto anni Manzi ha insegnato a leggere e a scrivere a un milione e mezzo di persone, portando un’enorme fetta del Paese alla licenza elementare.

Non è mai troppo tardi è una produzione Rai Fiction, realizzata da BiBi Film Tv. Un film di Giacomo Campiotti, prodotto da Angelo Barbagallo. Il soggetto è di Claudio Fava e Monica Zapelli che firmano anche la sceneggiatura insieme al regista Giacomo Campiotti.

Nicole Grimaudo veste i panni di Ida, la moglie del maestro Manzi, Andrea Tidona è il dirigente Rai che seguirà l’avventura televisiva di Non è mai troppo tardi.

Il film si avvale della partecipazione straordinaria di Giorgio Colangeli e della partecipazione di Edoardo Pesce e Marco Messeri.

Nel cast, inoltre, Lucia Mascino, Gennaro Mirto, Francesco Marchioro, Roberto Citran, Emanuela Grimalda, Alberto Molinari, Lele Vannoli, Moise Curia, Lorenzo Guidi, Alessandro Natale.

Alberto Manzi è un ragazzo di vent’anni, quando decide di fare il maestro. Sono i giorni concitati della ricostruzione e ognuno ha la propria ricetta per tornare a dare dignità al nostro Paese. Per Alberto, l’Italia si cambia cominciando dai ragazzi, educandoli a essere liberi. Ma per lui, aspirante maestro senza raccomandazioni, in quell’autunno del 1946, non ci sono cattedre disponibili. Tranne una, quella che non vuole nessuno, in una “scuola” che non è proprio una scuola: il carcere minorile di Roma “Aristide Gabelli”.

Manzi si ritrova in uno stanzone senza cattedra né banchi, davanti a novanta ragazzini, dai nove ai diciassette anni, che hanno già fatto scappare altri quattro insegnanti.

Il direttore del carcere è abituato all’altalena dei docenti, e molti di quei ragazzi li conosce
da anni. Chi entra in un carcere, ci ritorna, è una delle leggi della vita. Una di quelle leggi che Alberto si rifiuta di pensare ineluttabili.

Giorno dopo giorno Alberto sfida l’ostilità dei suoi alunni e la rassegnazione del direttore. La pedagogia diventa una materia viva che si improvvisa ogni giorno. Non ha paura, Manzi,
di sfidare per i suoi ragazzi le regole del carcere che vietano di portare libri, penne e matite. E in questo maestro generoso e irriverente, prima senza ammetterlo, poi sempre più
apertamente, i ragazzi cominciano a riconoscersi.

Al Gabelli, Manzi insegna loro a leggere e a scrivere. Li convince a stamparsi un loro giornalino, si conquista la stima del direttore e strappa il suo consenso per portarseli in gita a Ostia. Sono lezioni di alfabeto ma soprattutto di fiducia, verso se stessi e verso la vita. E i
suoi ragazzi gli daranno ragione. Su novantotto alunni, solo due ritorneranno in carcere.

Poi la storia di Manzi, incontra la televisione. È il 1960. La guerra è alle spalle, ma l’Italia è ancora un Paese diviso, chiuso nei suoi dialetti, con quattro milioni di analfabeti adulti.

Manzi ha ormai lasciato il carcere minorile e insegna in una scuola “normale”, ma non ha perso la sua carica di uomo controcorrente. Vede intorno a sé una scuola arretrata, demotivata, inadeguata. E fa di tutto per cambiarla, lamentandosi a alta voce, com’è sua abitudine.

Più di una volta deve affrontare sospensioni e commissioni disciplinari. Da qualche anno la Rai ha cominciato le prime trasmissioni. La sera la gente si raduna nei bar, o a casa dei vicini, per guardare i suoi programmi. Ma la Rai non è solo intrattenimento. È anche servizio pubblico. E così decide di provare a farsi carico di quella massa di adulti che sa a
malapena scrivere il proprio nome. Resta un dettaglio: per insegnare, anche in tv, ci vuole
un maestro. E i maestri, si trovano nelle scuole.

Sulla scrivania di tutti i direttori didattici di Roma arriva una circolare della Rai in cui si chiede di mandare maestri telegenici per fare un provino. È così, che dopo l’ennesima lite con quel maestro dal fisico d’attore che si rifiuta di mettere i voti ai suoi ragazzi, valutandoli tutti allo stesso modo sulle pagelle con la frase: “Fa quel che può, quel che non può non fa”, la direttrice decide che forse quell’occasione di lavoro in Rai potrebbe essere una soluzione vantaggiosa per entrambi.

Alberto all’inizio è perplesso, pensa che la direttrice voglia solo liberarsi di lui. Poi l’idea di insegnare a così tante persone diventa irresistibile. Decide di accettare. Quando lo accolgono, in Rai sono allo stremo delle forze. Il programma deve andare in onda di lì a pochi giorni e hanno già scartato un centinaio di aspiranti maestri-conduttori. Alberto comincia il provino. E lo fa subito a modo suo. Straccia il copione, che prevedeva un’inquadratura fissa, si fa portare fogli e gessetti e improvvisa un’animata lezione sulla lettera “O”. Il personale della Rai lo guarda a bocca aperta: hanno trovato il loro maestro. Manzi continua ad insegnare a scuola la mattina e a fare il maestro in Tv la sera. E così, insieme ai suoi bambini di quinta, porta alla licenza elementare anche un pezzo d’Italia.

Comincia un’esperienza rivoluzionaria che ci verrà copiata da altri 72 Paesi. In tutta Italia si creano duemila “punti d’ascolto”: nei bar, nei circoli, nelle sale municipali e parrocchiali. Il risultato ha del miracoloso: in otto anni, un milione e mezzo di persone impara a leggere e scrivere grazie alle appassionate lezioni del maestro Manzi.

Note di regia Giacomo Campiotti:

Sono veramente grato ad Angelo Barbagallo e alla Rai e per avermi affidato la regia di questo progetto. Per me, laureato in Pedagogia e maestro mancato è ovviamente un progetto speciale.Raccontare la storia del Maestro Manzi è importante non solo per ricordare un grande uomo, ma anche per porre al centro dell’attenzione, in questo momento drammatico, l’importanza della scuola e dell’educazione dei ragazzi come base necessaria per la sopravvivenza di una civile convivenza sociale.Alberto Manzi è un Maestro che ai ragazzi non insegna nozioni. Insegna a “pensare”. Lavora con loro per formare uomini liberi, capaci di scelte libere.Per fare ciò lotta con tenacia contro ogni ostacolo: l’ignoranza e la pigrizia dei singoli individui o l’ottusità delle grandi istituzioni. Ma mai si arrende e mai trova scuse per rinunciare a  fare tutto quello che può.Questo è, secondo me, l’insegnamento più importante ancora oggi per tutti noi, purtroppo abituati al lamento (anche se giustificato) . Non dobbiamo rinunciare a lottare e a protestare ma comunque qualsiasi persona può e deve continuare a compiere anche nelle situazioni più difficili il proprio dovere nella maniera più sincera, unica, e creativa possibile, realizzando quei piccoli “miracoli” che contageranno le persone intorno a se e miglioreranno un po’ il mondo… Sono due puntate apparentemente molto diverse ma sottilmente unite da questa forte tensione “morale”. L’approdo di Alberto in una televisione ancora decisamente orientata ad esercitare la sua vera, unica vocazione di Servizio Pubblico non ha niente di casuale. È anzi il punto di arrivo naturale di un lungo percorso iniziato in un carcere minorile, come unico maestro di 94 ragazzi, dai 9 ai 17 anni in un’enorme “aula” senza banchi, sedie, libri...Chi meglio di Alberto Manzi avrebbe saputo trovare le parole (e i disegni!) per farsi ascoltare, per stimolare, dare fiducia, amare milioni di italiani analfabeti di ogni età combattuti tra il desiderio e la vergogna.

Trama prima puntata:

1946: Alberto Manzi è appena tornato dalla guerra e cerca un lavoro come maestro, ma per lui, aspirante docente senza raccomandazioni, non ci sono cattedre. Gli viene dato il posto che nessuno vuole. Maestro al carcere minorile di Roma, Aristide Gabelli. Novanta ragazzi dai nove ai diciassette anni. A loro la scuola non interessa, hanno già fatto scappare altri quattro insegnanti. Manzi non si arrende. Chiede di fare lezione senza le guardie e sfida le regole del carcere che gli vietano di portare ai suoi alunni penne e libri. Il direttore lo scopre. Rischia di perdere il posto, ma si conquista la fiducia dei ragazzi. Cominciano a seguire le sue lezioni. Per loro leggere e scrivere diventa il modo per scoprire una parte di sé, le proprio emozioni, i propri sentimenti, per cercare una vita diversa. Insieme al loro maestro danno vita alla “Tradotta”, il primo giornalino che sia mai stato stampato in un carcere minorile italiano. Anche il direttore alla fine si lascia trascinare dall’entusiasmo di quel giovane maestro e dai suoi metodi così poco ortodossi… e concede persino ai ragazzi e al loro insegnate una gita ad Ostia. L’anno scolastico è finito, Manzi riceve dal professor Volpicelli della facoltà di pedagogia un incarico che non può rifiutare, la cosa difficile, adesso, è dirlo ai ragazzi…

Seconda puntata:

1960: Alberto Manzi non è riuscito a restare in Università. Per lui la ricerca in pedagogia si può fare solo mentre si insegna. Ormai da qualche anno lavora in una normale scuola elementare. E si scontra ogni giorno con una scuola arretrata e poco motivata, preoccupata più di giudicare e di compilare registri che di insegnare a pensare. Come già aveva fatto al Gabelli, non disdegna la disubbidienza intelligente. Fa lezione in terrazza, si rifiuta di adottare libri di testo e, soprattutto, di dare i voti. Per tutti i suoi bambini c’è lo stesso giudizio: “fa quel che può, quel che non può non fa”. La direttrice, esasperata, avvisa il provveditorato e per liberarsi di Manzi una volta per tutte, lo invita a partecipare a un provino per la Rai. La televisione sta cercando un maestro per una trasmissione che aiuti a sconfiggere l’analfabetismo. Manzi, dopo qualche perplessità, accetta. Nasce “Non è mai troppo tardi” una trasmissione rivoluzionaria che farà uscire dall’analfabetismo un milione e mezzo di italiani.
E mentre diventa il maestro di un’intera nazione, insegnando a scrivere ad anziani e bambini, Manzi si prepara ad affrontare il consiglio disciplinare che potrebbe allontanarlo dall’insegnamento per sempre…

Interpreti e personaggi:  Claudio Santamaria (Maestro Manzi), Nicole Grimaudo (Ida, moglie di Manzi), Gennaro Mirto (Ricotta), Francesco Marchioro (Felice adulto), Andrea Tidona (Galbiati, Dirigente RAI), Roberto Citran (Gianluigi Bedon), Emanuela Grimalda (Direttrice scuola), Lucia Mascino (Maria Grazia Puglisi), Alberto Molinari (Nazareno Padellaro), Lele Vannoli (Guardia carceraria), Moise Curia (Marcello), Lorenzo Guidi (Felice), Alessandro Natale (Tommaso), e con la partecipazione straordinaria di Giorgio Colangeli (Direttore carcere), con la partecipazione di Edoardo Pesce (Eugenio Berti), con la partecipazione di Marco Messeri (Volpicelli).

non-è-mai-troppo-tardi-2non-è-mai-troppo-tardi-3non-è-mai-troppo-tardi-4non-è-mai-troppo-tardi-5non-è-mai-troppo-tardi-6

non-è-mai-troppo-tardi-7non-è-mai-troppo-tardi-8non-è-mai-troppo-tardi-9non-è-mai-troppo-tardi-10non-è-mai-troppo-tardi-11

non-è-mai-troppo-tardi-12non-è-mai-troppo-tardi-13non-è-mai-troppo-tardi-14non-è-mai-troppo-tardi-15non-è-mai-troppo-tardi-16

non-è-mai-troppo-tardi-18non-è-mai-troppo-tardi-19non-è-mai-troppo-tardi-20non-è-mai-troppo-tardi-21non-è-mai-troppo-tardi-22

[Foto | Fabrizio Di Giulio]

Non è mai troppo tardi Regia Giacomo Campiotti. Soggetto Claudio Fava, Monica Zapelli. Sceneggiatura Claudio Fava, Monica Zapelli, Giacomo Campiotti. Aiuto regia Barbara Daniele. Costumi Maria Rita Barbera, Gaia Calderone. Scenografia Sonia Peng. Fotografia Fabrizio Lucci. Montaggio Roberto Missiroli. Musiche Stefano Lentini Edizioni musicali RAI TRADE. Organizzatore generale Luciano Lucchi. Direttore di produzione Giacomo Centola. Produttore RAI Fabrizio Zappi. Una produzione Rai Fiction Realizzata da BiBi FILM TV Prodotto da Angelo Barbagallo.

Nessun commento:

Posta un commento