Nuovo appuntamento con la quarta puntata di Report, domenica 26 ottobre 2014 alle 21.45 su Rai 3 con Milena Gabanelli. Dall’Expo al Mose, tra gare decise a tavolino e fatture gonfiate, chi si prenderà i fondi neri e come?
Le due grandi inchieste che hanno messo sottosopra gli organigrammi delle galassie che vivevano intorno ai lavori per l’Expo di Milano e alla maxi diga del Mose di Venezia, rischiano di arenarsi nelle secche dei patteggiamenti e delle prescrizioni. Stefania Rimini ricostruisce un sistema trasversale, che tocca politici, funzionari di amministrazioni locali e di aziende partecipate, ma anche alti ufficiali dello Stato, faccendieri, imprenditori pronti a pagare. Alla fine ognuno ha un proprio tornaconto a spese dei contribuenti.
Vedremo le tecniche di tangenti a 2.0 che sono molto più sofisticate della vecchia valigetta di contanti da portare in Svizzera. Ma soprattutto ci chiederemo: com’è possibile che per tanti anni nessuno si accorga di niente? Uno dei pilastri di questo sistema di corruzione organizzato è fornito proprio dalla normativa.
A volte sembra quasi che le norme siano state disegnate da esperti in corruzione, attenti a individuare la scorciatoia migliore per consentire l’elusione delle regole. E d’altra parte, chi legifera, chi deve mettere in pratica le regole e chi deve controllare in questa brutta storia è, in buona parte, anche il beneficiario di questo sistema che non lascia scampo alle imprese che si rifiutano di stare al gioco.
Eppure la stessa Associazione nazionale Costruttori a più riprese ha proposto nuove regole per gli appalti che garantiscano trasparenza e pari opportunità: la politica ha sempre nicchiato. Anzi, proprio in contemporanea con gli scandali Expo e Mose, entra in vigore la legge delega 67/2014, che introduce la “messa in prova”, una norma che di fatto consente di estinguere reati puniti con pene fino a 4 anni di reclusione tra cui addirittura l’omessa dichiarazione, la dichiarazione infedele, il falso in bilancio, le false comunicazioni sociali, la corruzione tra privati: il passo verso l’impunità totale è breve.
E ancora: a fine puntata Milena Gabanelli intervista Arnaldo Forlani, già segretario della Democrazia Cristiana, presidente del Consiglio e più volte ministro, condannato a due anni e 4 mesi nell’ambito del Processo Enimont per finanziamento illecito al partito.
Ormai novantenne, Forlani è l’ultimo sopravvissuto del CAF (l’alleanza Craxi, Andreotti, Forlani) un testimone storico di quasi quarant’anni di vita politica italiana che continua a difendere la sua versione di assoluta inconsapevolezza di quanto accadeva intorno a lui nel suo partito. Tuttavia, ammette che le tangenti di allora non le intascava il politico, mentre nelle attuali storie di corruzione, come per Expo e Mose, a suo giudizio:
«Sono in evidenza gli aspetti personali ed affaristici».Alla domanda: “la corruzione di oggi è figlia vostra, siete voi che ci avete insegnato che va avanti solo chi sa oliare”. Risponde con un secco:
«No, oggi è tutt’altra storia».Ministro degli esteri nel Governo Andreotti in carica al momento del rapimento di Aldo Moro, Forlani respinge la tesi del complotto per impedire la liberazione dell’allora presidente della DC:
«Può darsi che non lo abbiamo fatto bene – dice Forlani del tentativo di salvarlo – ma certamente non c’è un elemento che possa far giudicare doloso un impegno mirato alla non liberazione di Moro».E chiude con un giudizio a distanza sull’attuale premier Matteo Renzi:
«Non lo conosco personalmente»Dice, ma lo definisce un:
«Nipotino di Fanfani e anche un elemento di rinnovamento»Ma conclude:
«Ci sono fatti innovativi nella vicenda politica italiana ed europea, che di per sé nel passato non hanno portato ad una crescita, ad un’evoluzione.
Il fascismo è stato un grande fatto innovativo per l’Italia, così come lo è stato il nazional-socialismo alla Germania. E non perché fossero fatti innovativi, sono diventati elemento di civiltà, di progresso e di innovazione reale».
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